#MilanoSound: la musica raccontata da ilmohicano.it

Su Mianews, ogni settimana, uno speciale dedicato alla musica a cura  della testata giornalistica online ilmohicano.it per raccontare la scena milanese e nazionale di ‘big’ e musicisti ‘in rampa di lancio’ e per esplorare cosa si muove nel “sound di Milano”.

Mario Biondi, 50 anni e un nuovo album

Mario Biondi festeggia i suoi 50 anni regalandosi un nuovo album, ‘Dare’, in uscita domani venerdì 29 gennaio. “Dare -spiega il cantautore siciliano- è un’attitudine oltre che una scelta di vita. Torno al mio sound con le band che hanno dato lustro alle mie canzoni. Festeggiare i miei cinquant’anni con tutti voi è un’emozione che mi pervade l’anima”. ‘Dare’, spiega “evoca un’attitudine di generosità nei confronti del mondo esterno, ma anche il rischio che inevitabilmente questa comporta perché ‘to dare’, in inglese significa ‘osare’. Dare -sottolinea Biondi presentando l’album- è un atto di grande curiosità e di grande forza. Ci vuole tanto coraggio per dare, si rischia di osare tanto per dare e io credo di aver fatto di questa parola una sorta di mantra, di modus vivendi”.
Mario Biondi ha voluto un prodotto che unisse lo stile degli esordi, marcatamente jazz e soul, a sonorità ancora poco esplorate, tra funk, disco, pop, perfino con passaggi rock, andando a definire un sound molto vario ma sempre eclettico, adulto e contemporaneo. Ad accompagnarlo in questa avventura ci sono amici vecchi e nuovi quali Dodi Battaglia, Il Volo, la storica band londinese degli Incognito, la cantante, autrice e pianista jazz tedesca Olivia Trummer, ma anche i musicisti con cui Biondi ha raggiunto il successo a metà degli anni 2000 (The Highfive Quintet di Fabrizio Bosso) e la sua attuale band che da anni lo accompagna in tutto il mondo.
Il progetto ‘Dare’ si compone in totale di 16 tracce: 10 brani originali, 2 remix e 4 reinterpretazioni di grandi successi internazionali quali ‘Strangers in the night’, ‘Cantaloupe Island’ di Herbie Hancock, ‘Jeannine’ di Eddie Jefferson e ‘Someday We’ll All Be Free’, rivisitazione in chiave jazz dell’inno soul di Donny Hathaway. Nella versione digitale dell’album sono contenuti ‘Show Some Compassion’, brano registrato con molti colleghi durante il lockdown a sostegno del progetto di riqualificazione dell’area-baraccopoli di Messina promosso dall’associazione A.ris.mè, e i due remix di ‘Cantaloupe Island’ ad opera di DJ Meme e Piparo. La copertina, realizzata da Paolo De Francesco, ritrae Mario con alle spalle il celebre murale ‘alato’ di Colette Miller, visualartist e performer nativa di Richmond (Virginia) che vive a Los Angeles, autrice del progetto ‘Angel Wings’.
In attesa di poter ripartire ‘live’ a marzo (il 14 all’Auditorium Parco della Musica di Roma e il 16 al Teatro degli Arcimboldi di Milano) Biondi in questi mesi di lockdown si è dedicato alla sua numerosa famiglia ma è anche stato un periodo, sottolinea “che mi ha tolto tanto. Mi ha tolto amicizie di persone alle quali ero molto legato. Mi ha anche tolto una certa fluidità sul palco. In ogni caso -aggiunge- sto imparando ad accettare tutto quello che mi succede e sto imparando a farne un po’ virtù”.
Quanto al futuro “non so cosa ci riservi”, spiega. E a proposito di quanto sta accadendo a livello politico “sono molto dispiaciuto”, sottolinea. “Mi spiace vedere questa instabilità governativa e mi mette anche un po’ di tristezza tutto questo chiacchiericcio, questi incontri poco edificanti, che non portano mai a nulla. Non vedo i risultati -prosegue- vedo solo delle liti e il nulla, l’incognita perfetta e questo mi disturba”.

Ornella Vanoni ‘Unica’: album di inediti a 86 anni

‘Unica’, è il titolo del nuovo album di Ornella Vanoni, in uscita il 29 gennaio, titolo più che mai azzeccato per un’artista che, a 86 anni, si ripropone con un disco di inediti, in cui ha messo mano anche negli arrangiamenti, interpretato con freschezza, vitalità e molto divertimento. “Probabilmente -osserva la cantante- sono l’unica al mondo che a questa età realizza un disco di canzoni nuove, e la passione, unita alla risata, è il bello di fare musica”.
Prodotto da Mauro Pagani per la Bmg, l’album è stato anticipato nelle scorse settimane dal singolo ‘Un sorriso dentro al pianto’ (composto da Francesco Gabbani e cofirmato da Pacifico e dalla stessa Vanoni) contiene 11 tracce, 3 duetti (con Virginia Raffaele, Carmen Consoli e Fabio Ilacqua, che firma 5 brani e ha curato tutti gli arrangiamenti), collaborazioni speciali e straordinarie sorprese, a cominciare da ‘Arcobaleno’, canzone composta per Ornella Vanoni da Giuliano Sangiorgi, che esce nello stesso giorno come nuovo estratto dall’album, accompagnata da un videoclip girato fra le calli e i canali di una Venezia deserta e dai colori rarefatti.
L’album appare in tutta la sua eleganza, sia nella forma che nei contenuti, eleganza che però, come confessa la stessa Vanoni per quanto riguarda il vestire “comincia a darmi un po’ fastidio. Basta con questa eleganza -si lascia andare Ornella Vanoni nel corso della presentazione dell’album- che secondo me crea una barriera con il pubblico, una limitazione. Troppo elegante? Ma io non sono mai vestita così -sottolinea- a me piacerebbe andare su un palco con le sneakers su un abito da sera magari anche con un buco da qualche parte. Siamo sicuri che tutta questa eleganza aiuti o non ci allontani?”, si chiede l’artista che poi spiega di avere in mente un progetto tutt’altro che ‘elegante’ “che seguo da un anno e mezzo” e che potrebbe vederla collaborare con un rapper “milanese e anche un po’ arabo, il “cui nome inizia con la ’emme’”.
Un album nato anche con quell’entusiasmo che, osserva “non dobbiamo mai farci mancare. In questo momento difficile -aggiunge- dobbiamo sopravvivere cercando di non ammalarci di testa senza ammalarci di testa. C’è tanta gente che soffre tantissimo questa pandemia e va dallo psicologo, soffre all’idea di non poter uscire. Io esco lo stesso, cerco di stare attenta ma non sono terrorizzata anche perché, se sei terrorizzato vivi male. Nella tragedia -prosegue- non ci resta che ridere”.
Quanto a quello che sta succedendo sul fronte politico “mi fanno violentemente incazzare anche se poi mi trattengo altrimenti mi viene un colpo al cuore. Mi incazzo -spiega- perché non è possibile avere dei non politici al governo. Dall’esterno sono sicura che ci vedono come dei matti e forse è anche per quello che non ci danno i vaccini, sono insicuri di questo paese e noi siamo più insicuri degli altri. Meno male -sottolinea- che c’è un bel disco che ti tira su. Basta poco all’essere umano, se è capace di accogliere tutto quello che arriva. Basta una giornata di sole per essere di buon umore”.
Quanto alla promozione dell’album, Ornella Vanoni dovrebbe essere tra gli ospiti del Festival di Sanremo anche se, tiene a precisare “non ho ancora ricevuto nessuna mail”. Di una possibile tournée “non se ne parla proprio, neanche morta” precisa mentre invece “mi piacerebbe fare un concerto con Gino Paoli“.
Nella prima tiratura del CD, che è solo in formato deluxe, è presente la bonus-track vocale ‘Un tè allo specchio’, ironico ‘divertissement’ a ulteriore prova dell’intesa che lega Ornella a Virginia Raffaele. Gli unici brani disponibili anche in streaming sono invece ‘Arcobaleno’ e ‘Un sorriso dentro al pianto’.

Michele Bravi, ‘dolore e buio’ per riscoprire l’umanità

Dolore e buio: sono queste le due parole che hanno accompagnato Michele Bravi negli ultimi due anni, da quando cioè, coinvolto in un incidente mortale, è ‘precipitato’ nel baratro della malattia, e in particolare in quello che viene chiamato ‘stress post traumatico’ (Ptsd). Per due anni si è rinchiuso in casa, isolandosi da tutto e da tutti, fino a quando non ritrova nell’amore quella spinta necessaria per ripartire. In uscita domani, venerd’ 29 gennaio, con il nuovo album ‘La geografia del buio’, anticipato dai singoli ‘La vita breve dei coriandoli’ e ‘Mantieni il bacio’, Michele Bravi, durante la presentazione di questo suo nuovo lavoro, spiega “quanto sia importante la libertà di amare”.
“Quando parlavo della mia sessualità, del mio percorso amoroso -sottolinea- non ero mai reticente, ma avevo questo atteggiamento, quasi rivoluzionario, di voler dimostrare che la parità stava nel non dire perché siamo tutti uguali. questa -osserva- sarebbe una posizione perfetta nell’utopia ma ora ritengo che ci sia, invece, tanto bisogno di parlare. Quando ho vissuto il mio dolore -aggiunge- ho riscoperto la forza anche della comunità (Lgbt ndr) che mi ha accolto e della libertà con cui loro vivono l’amore ed è per questo che ora ho ribaltato la posizione che per tanti anni sostenevo: l’amore non è un atto privato -sottolinea- l’amore è un atto pubblico e chi ama deve poter condividere questa forza propulsiva”.
“Chi ha il coraggio di esporsi in prima persone -prosegue Bravi- lo deve fare. Io ho un ricordo chiarissimo del mio primo bacio e di una voce insistente dentro di me che mi diceva ‘forse stai facendo una cosa sbagliata’. Con il brano ‘Mantieni il bacio’, dove io il bacio l’ho dedicato ad un ragazzo, mi auguro consenta a qualcuno di ascoltare il suo primo bacio, sentire il suo sapore e non una voce insistente che lo confonde e lo allontana dal ricordo che può essere bellissimo”.
Ed è proprio grazie all’amore che Michele Bravi è riuscito a ritrovare la luce dopo anni di buio. L’amore unito alla musica anche se, tiene a precisare non sarebbe stata la musica a tirarlo fuori dal baratro: “sento dire tante volte ‘la musica ti ha salvato, con la musica sei tornato a vivere’. Credo che questa sia una informazione molto, molto pericolosa da passare. Il dolore -osserva- è un fatto enorme, che entra prepotentemente nella tua vita, la straccia come se fosse carta ed è importante che questo dolore venga affrontato con il cinismo con cui si affronta una malattia. Il dolore è una malattia della propria mente, del proprio corpo”.
“Non è stata sicuramente la musica a salvarmi -spiega- ma è stata la terapia, è stato tutto il percorso medico cui mi sono sottoposto. Ci tengo a parlarne senza troppo pudore -aggiunge- perché ho avuto la fortuna che qualcuno non avesse pudore nei miei confronti a parlarmi della sua storia medica e di come veramente si affronta il dolore. Il dolore non si può pensare che si curi da solo, il dolore va sistemato, va portato in uno studio medico. Poi, solo in un secondo momento, arriva la musica. Prima bisogna decifrare il dolore, e la musica può servire a questo ma non certo a guarirlo”.
“Il buio vero -prosegue il cantautore umbro- lo si conosce soltanto quando ci si passa attraverso e non esiste un giorno in cui senti che quella storia è finita, è passata. Per questo io insisto nel parlare di come si convive con il buio e non di come se ne esce. Il dolore va affrontato da soli e si deve solo sperare di avere qualcuno al tuo fianco. Tutto il dolore che non curiamo vive al posto nostro. Se si ha un dolore, davanti agli altri non ci sei tu ma c’è il tuo dolore che sceglie al posto tuo. Quando ho capito che la realtà che stavo vivendo non era più la mia realtà, che non ero più io a controllarla -sottolinea- allora ho deciso che dovevo sistemare quel dolore”.
Ad aiutare Michele Bravi ci ha anche pensato “l’umanità di alcune persone insospettabili con le quali avevo un rapporto di semplice conoscenza ma che con gesti sottili, piccolissimi di umanità che hanno compiuto nei miei confronti hanno avuto in me una forza propulsiva enorme. Senza quei piccoli gesti, che hanno poco a che fare con la musica, questo disco non sarebbe qui, probabilmente io non sarei qui”. E quelle persone, svela Michele Bravi, sono Fiorello, Maria De Filippi, Fedez e Chiara Ferragni.
“Nello specifico -racconta Bravi- Federico mi chiese di raggiungerlo a Los Angeles. Prima di partire, senza alcuna aspettativa, gli dico che non avevo la capacità di entrare nuovamente in uno studio di registrazione. Lui mi risponde che non gli interessava, voleva solo che lo raggiungessi. Ricordo quei giorni in casa loro, ricordo la loro accoglienza e la loro umanità infinita. A loro sarò infinitamente grato”.
“Ci sono state però anche persone -prosegue Michele Bravi- che non hanno avuto la capacità di decifrare il dolore, di capire perché tu, in quel momento, stai parlando in quel modo, perché ti stai muovendo in quel modo. Persone che si sono allontanate perché non si erano rese conto che davanti a loro c’era un dolore e non c’ero semplicemente io. Per queste persone non provo delusione -precisa- perché molte di loro hanno saputo fare un passo indietro e hanno capito che quel dolore, che non riuscivano a vedere, adesso lo vedono”.
Tornando all’album “doveva uscire già un anno fa ed era previsto anche un percorso dal vivo. Avevo pensato ad un modo di presentarlo che nascesse proprio dal palcoscenico -spiega Bravi- ed era previsto un grande tour che avrebbe coronato un mio sogno enorme. Poi, è successo che il nostro mondo è cambiato e che stiamo vivendo una incertezza infinita ma ovviamente rimane la voglia di poterlo cantare e raccontare dal vivo quanto prima “anche se, osserva “questo momento di incertezza avrà delle ripercussioni”.
“Spero che questo disco possa far capire che questo male va affrontato con una certa modalità, in certe sedi opportune. E’ un clima molto incerto -prosegue Michele Bravi- e non credo si debba parlare del futuro perché, mai come in questo momento, il futuro è una cosa pericolosa. Per scoprire i segreti della natura basta praticare più umanità. Questo è l’atteggiamento da assumere nei momenti di incertezza, di instabilità. Possiamo e dobbiamo essere più umani nel vivere questo momento”.

Stefano Marchetti canta Milano Inferno

‘Milano inferno’ è il nuovo singolo del giovane cantautore Marchettini, che anticipa l’album ‘Odiarsi male’ in uscita il 19 febbraio. Nato in provincia di Varese, il giovane Stefano Marchettini si è trasferito a Milano solo da un paio d’anni e abita in via Padova, asse centrale di quel quartiere, ‘NoLo’, che si contraddistingue per la multietnicità dei suoi abitanti e per la sua ‘vivacità’. In realtà, spiega Marchettini intervistato da IlMohicano “Milano non è un inferno, anzi. In questi due anni ho immagazzinato tante immagini che riguardano il quartiere, i suoi abitanti, i suoi palazzi, che mi sono servite, durante il lockdown, per realizzare il disco. Un disco creato in piena quarantena -sottolinea- dove ho ripercorso questi miei due anni di vita nel quartiere”.
‘Milano inferno’, spiega “è un concetto, conseguenza del fatto che, ad esempio, quando a Milano piove la città si blocca, diventa un inferno ed è meglio starsene chiusi in casa. Ma Milano in realtà -sottolinea- è una metropoli incredibile, piena di opportunità. Mi ha dato tantissimo in questi due anni. Da quando mi sono trasferito ho iniziato a fare sul serio, a predisporre un percorso musicale sensato, ragionato perché le possibilità che ti offre questa metropoli sono smisurate”.
“‘Milano Inferno’ -spiega ancora Marchettini- è una canzone scritta guardandosi allo specchio. Racconta gli stati d’animo che ognuno di noi attraversa nella propria vita. Dalla voglia di conquistare il mondo a quella di rimanere nel letto e spegnere tutto. Tutti vogliamo sempre e solo le ‘cose belle’ -osserva- ma servono davvero a farci stare meglio?”.
Per quanto riguarda l’album ‘Odiarsi male’ “quando c’è troppo amore -spiega Marchettini- anche nei momenti di crisi non si riesce ad odiare. A volte, durante una lite scappa un ‘non ti sopporto più’ ma il sentimento è talmente forte che alla fine, anche quell’ apparente ‘odio’ lo si vive male. In pratica -conclude Marchettini- si odia male”.

Bianca esce con il nuovo singolo ‘Capita anche a me’

Disponibile su tutte le piattaforme digitali, ‘Capita anche a me’ il nuovo singolo di Bianca Vincentini (in arte Bianca), per l’etichetta Dear John Music, un brano nato spontaneamente in studio dalla collaborazione tra Bianca e Marcello Forlani: “Marcello ha preso in mano la chitarra e lo ha cantato quasi sottovoce -racconta l’artista- perché io ne comprendessi la vera essenza e per lasciare a me la responsabilità di viverlo davvero e di dargli una voce”.
‘Capita anche a me’, spiega l’artista “è una canzone che parla di amore e comprensione, e a comprenderci e a sostenerci possono essere tutte quelle persone che con affetto ci circondano; il nostro compagno o la nostra compagna di vita pronti a supportarci in ogni istante, i nostri genitori che con pazienza ci osservano sapendo di noi stessi più di quanto noi possiamo immaginare, i nostri fratelli e le nostre sorelle che cercano di proteggerci sempre nei momenti più difficili, ed i nostri amici che vivono in simbiosi con noi tutte le diverse esperienze che ci aiutano a crescere”.
“Spesso rifiutiamo i consigli di chi ci vuole bene -prosegue- perché li riteniamo suggerimenti inutili, o perché pensiamo di essere gli unici a sentire quello che proviamo e che ci turba, ma in un istante ci si può rendere conto che non è così, che davvero possiamo prendere spunto e ricevere il conforto da quelle persone che ci stanno accanto e hanno più esperienza di noi. Perché per rinascere possono bastare anche una sola parola giusta o una semplice carezza… ed il senso di questa canzone è la consapevolezza di poter dire ‘capita anche a me’”.