Il complesso di Edipo dietro i grandi roghi di libri

A cura di Miriam Romano

Non si bruciano i libri per caso. Dietro ai roghi furibondi di pagine e copertine della storia c’è un filo conduttore comune. Una spiegazione intima che attiene ai più segreti sussulti dell’inconscio e della psiche umana. Così l’impotente desiderio di Franz Kafka morente, l’ordine ineseguito e straziante dello scrittore ai suoi amici di bruciare i suoi quaderni inediti, l’essenza del suo lavoro, ha qualcosa di simile alla vertigine provata da Virgilio, quando secoli prima desiderò distruggere la sua Eneide. Lo stesso anelito di Jacques Lacan: “Io desidero, prima di andarmene, distruggere completamente il mio lavoro”, disse durante uno dei suoi convegni.

È l’inconfessabile odio dei figli per il padre, l’edipico rifiuto della figura paterna, ad aver condotto gli uomini, nella storia, al gesto violento di gettare tra le fiamme i libri. Opere costruite con l’ingegno, esemplari plastici di idee e sistemi di valori, fondamenta di società e culture: annientare i libri significa distruggere il Padre nell’accezione simbolica del termine.

È la teoria che Gérard Haddad illustra nel suo volume, “Chi brucia i libri”(Scholè, pp. 244, euro 18), pubblicato quest’anno in Italia. Psicanalista e saggista, allievo di Lacan e Leibowitz, Haddad è uno degli intellettuali francesi più attivi. Dalla sua passione per i libri, nasce questo saggio che ha il pregio di studiare il fenomeno della “biblioclastia” dal punto di vista psicologico.

“Gli autodafé, le distruzioni di intere biblioteche con il fuoco, i roghi di libri, tutto ciò che io definisco come ‘pulsione biblioclastica’, hanno una lunga storia”, spiega nelle prime pagine. La violenza distruttiva nei confronti dei libri ha origini antichissime: tavolette d’argilla o pietra, rotoli di papiro furono i primi a incontrare la rabbia implacabile delle fiamme.

Smaterializzare i libri, convertirli nel nulla più assoluto, nasconde una pulsione recondita che merita di essere indagata. “Il fuoco colpisce con un odio totale e misterioso un singolo oggetto, il libro”. L’analisi rimanda al pensiero di Freud, al complesso edipico che nasconde il segreto rifiuto del Padre, l’ignominioso desiderio di annientare il genitore per raggiungere il proprio desiderio. Non tutti i libri, ma quelli che fondano i popoli, cos’altro sono se non la legge del padre che si incarna in tomi pesanti che occupano biblioteche, librerie, case intere?

E così Haddad elenca i più paradigmatici esempi. Il 10 marzo 1933 Hitler festeggia la sua presa di potere accendendo nel centro di Berlino un immenso rogo di libri. Nel 640 un califfo diede fuoco alla biblioteca di Alessandria d’Egitto dove erano custoditi i manoscritti di Aristotele, colpevoli di non parlare di Allah e del suo profeta Maometto. Gli ebrei distrussero le Tavole che Mosè ricevette da Dio. L’imperatore cinese Shi Huang fece bruciare tutti i libri del suo impero, mentre dava inizio alla costruzione della muraglia cinese. Nel 1757 l’agitatore ebreo polacco Jacob Frank ordinò che le case degli ebrei venissero frugate, una per una, alla ricerca di esemplari del testo sacro Talmud che, a migliaia, vengono dati alle fiamme in piazza. Tutti gli incendiari vomitano i libri, “con orrore, cercano di eliminarne le radici”. Agli antipodi stanno i “divoratori” di libri che con la fame di conoscenza perseguono, in realtà, l’identificazione appassionata al proprio gruppo, l’iscrizione a una genealogia e per l’ultimo il desiderio di diventare a propria volta padri.