Regeni, sit-in al consolato egiziano per chiedere che gli imputati compaiano al processo. Lettera dei genitori del ricercatore ucciso: “Governo italiano si faccia sentire con l’Egitto”

Un sit-in per chiedere che gli imputati per la morte di Giulio Regeni siamo processati in Italia: l’hanno promosso questa mattina Festival dei Diritti Umani, Fondazione Diritti Umani con Ordine dei giornalisti della Lombardia, Associazione Lombarda dei Giornalisti, Fondazione Roberto Franceschi, Articolo 21 e Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia) nei pressi del Consolato egiziano di Milano di Via Timavo e in contemporanea all’Ambasciata egiziana a Roma.

Alla manifestazione ha partecipato anche Luca Paladini, consigliere regionale eletto nella lista di Pierfrancesco Majorino. “L’obiettivo è che siano resi pubblici i nomi degli imputati, perché non ci siano dubbi sulla loro identità e sulla notorietà del processo a loro carico”, hanno spiegato i promotori della manifestazione, durante la quale è stato letta una lettera dei genitori del ricercatore universitario ucciso al Cairo nel 2016 e poi imbucata simbolicamente nella cassetta della posta del Consolato.

“Sono ormai più di sette lunghi e dolorosi anni che noi assieme alla scorta mediatica e al popolo giallo chiediamo verità e giustizia processuale per il barbaro omicidio di Giulio Regeni – sono alcune delle parole nella lettera dei genitori del ricercatore ucciso letta da Danilo De Biasio, direttore del Festival dei Diritti Umani –. E’ tempo che l’Egitto, dopo innumerevoli vane promesse collabori con il nostro Governo ed è tempo che il nostro Governo pretenda senza se e senza ma che i quattro imputati per il sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio compaiano alla prossima udienza il 31 maggio! Per questo è importante scandire i loro nomi, perché la notizia del processo a loro carico li raggiunga ovunque si trovino e perché non possano più far finta di non sapere”.

La manifestazione per chiedere che gli imputati per la morte di Giulio Regeni siamo processati in Italia promosso questa mattina. (foto Mianews)

“Noi oggi siamo qua per chiedere giustizia, la verità già la sappiamo. Il vero problema è che al momento non è possibile trovare i colpevoli, nonostante siano già stati individuati – ha commentato Paolo Perucchini, presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti –. Noi siamo un Paese che rispetta le regole e rispetta la giustizia; quindi, non si può condannare nessuno se non c’è un processo ma non si può fare il processo se non ci sono gli imputati. Qualcuno sta giocando con le regole e sono regole che probabilmente in questo momento fanno comodo anche per le relazioni internazionali”.

Danilo De Biasio ha poi scandito i nomi dei quattro imputati, alti funzionari della National Security egiziana: Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif.

“Giulio era un lavoratore della conoscenza che è stato ucciso per il coraggio con cui faceva il suo lavoro, il coraggio di una ricerca che dà fastidio al potere – ha commentato Rosa Fioravante, segretaria nazionale dell’Adi –. È ancora più urgente la richiesta di verità e giustizia perché Giulio sarebbe potuto essere ciascuno di noi. Il 13 marzo la ministra dell’Università Anna Maria Bernini è andata al Cairo ed è tornata senza darci notizia di questo processo ma dicendo che i nostri rapporti con l’Egitto sono meravigliosi e che tutto è sistemato. Noi crediamo che questo non sia giusto, per la dignità della ricerca e per il futuro del sapere”.

“In molti luoghi delle istituzioni in giro per l’Italia c’è un manifesto che chiede verità e giustizia per Giulio Regeni: mi piacerebbe che anche Regione Lombardia avesse fuori dalla sua sede un manifesto giallo che ricordi questa battaglia” ha concluso Luca Paladini.