Balbuzie, rischio casi in aumento ma ci sono nuove tecniche per rieducare

Aiutare a conoscere meglio la balbuzie, per ridurne il forte impatto sociale. E’ l’obiettivo principale della Giornata internazionale per la sensibilizzazione alla balbuzie, che ogni anno si celebra il 22 ottobre. Si tratta di un disturbo molto diffuso, che solo in Italia colpisce circa un milione di persone, con un’incidenza dell’8 per cento. Creando problemi non solo sociali ma anche relazionali. La balbuzie non significa infatti solo arresti, ripetizioni e prolungamenti di un suono mentre si parla. Ci sono anche aspetti non immediatamente visibili, come solitudine, difficoltà ad esprimersi come si vorrebbe, autoesclusione. Da bambini si è ridicolizzati e oggetto di bullismo, a scuola gli esami sono doppi e sul lavoro, o in contesti competitivi dove spesso vince la facilità nel farsi ascoltare, le frustrazioni sono costanti. “A oggi, le teorie neuroscientifiche più recenti suggeriscono che alla base della balbuzie ci sia un malfunzionamento nel meccanismo di controllo motorio del linguaggio. Quando una persona parla esercita parallelamente un controllo costante di ciò che dice per valutarne la correttezza in termini di programmazione e produzione del suono; se percepisce un errore, si interrompe in modo da cercare di produrre nuovamente la parola o la frase in maniera corretta” spiega la neuropsicologa Valentina Letorio. Oggi è possibile intervenire con un nuovo metodo: il Muscarà rehabilitation method for stuttering. A metterlo a punto è stato Giovanni Muscarà, fondatore del Vivavoce Institute ed ex balbuziente, insieme con un pool di neurologi, neuropsicologi e fisioterapisti. “Non ci limitiamo a intervenire da un punto di vista psicologico ed emotivo, ma prevediamo un lavoro di rieducazione della persona per riprendere il controllo del singolo movimento necessario a produrre un suono e gestire il linguaggio in un contesto di ansia e stress. La rieducazione della balbuzie, perché sia efficace deve prevedere un approccio multidisciplinare che tiene conto di tutte le variabili che entrano in gioco”, conclude.

 L’IMPATTO SOCIALE – “La balbuzie è un problema dal fortissimo impatto sociale. In società complesse come quelle in cui viviamo è destinato a peggiorare e anche ad aumentare da un punto di vista numerico”. A lanciare l’allarme è Giovanni Muscarà, ex balbuziente, fondatore del Vivavoce Institute e ideatore di un nuovo approccio terapeutico. “Il mondo nel quale siamo immersi è sempre più competitivo. Questo non fa che aumentare i livelli di ansia e di stress. Ovvero alcune fra le componenti della balbuzie – prosegue -. Uno studio pubblicato recentemente negli Stati Uniti ha dimostrato, per esempio, che chi soffre di questo problema del linguaggio guadagna mediamente 7mila dollari in meno al mese”. Inoltre c’è il rischio che i pazienti siano più esposti al pericolo bullismo. “La balbuzie è una delle cause di questo fenomeno delle scuole. Un ba,bino balbuziente può essere più facilmente vittima dei bulli e cadere così in un circolo vizioso dal quale è difficilissimo uscire. E che può portare al ritiro sociale, sia a scuola sia nel lavoro. Fra le terapie più innovativa per uscirne c’è il Muscarà rehabilitation method for stuttering. “Il metodo è stato sperimentato scientificamente – conclude l’ideatore -. Insegniamo ai pazienti a riprendere il controllo motorio dell’atto che sta dietro la produzione dei suoni. Parlare è infatti un atto complesso, che implica il controllo e la coordinazione di 40 piani motori diversi”.

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