Il primo smartphone ‘arriva’ tra i 10 e gli 11 anni, per il 60% dei giovanissimi, un 28% però lo riceve già prima di compiere i 10 anni e tra i 10 e i 12 anni, per il 54%, inizia anche la “vita in rete” con l’approdo sui social network. Emerge dall’indagine nazionale “Adolescenti e Stili di Vita”, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca IARD (curata da Carlo Buzzi, ordinario di Sociologia dell’Università di Trento), con la collaborazione della Associazione Culturale Pediatri (ACP) e l’Osservatorio Permanente Giovani ed Alcol e presentata oggi a Milano. L’indagine si è svolta tra i mesi di novembre 2018 e maggio 2019 su un campione nazionale rappresentativo di 2019 studenti (1027 maschi e 992 femmine) frequentanti la classe terza media inferiore (fascia d’età 13-14 anni). I confronti riportati sono con una analoga indagine svolta nel 2017.
Confrontando i dati con quelli relativi all’edizione 2017 dell’indagine, Istituto IARD evidenzia ”una continua precocizzazione del fenomeno (vedi tabelle 1 e 2), così come è in aumento anche la percentuale dei giovanissimi che non utilizza alcuno strumento di protezione del proprio profilo (11% al 15%) messo a disposizione dal ‘social’”. E se l’accesso ad un social prevede un’età minima (che loro non hanno) per accedervi, i giovanissimi non rinunciano: il 47%, infatti, indica l’età minima per poter accedere, il 20% un’età a caso e il 23% di essere comunque maggiorenne, perché (spiegano i ragazzi nei focus group realizzati a corredo dell’indagine) “così non ti prendono per un bambino”. Riguardo alle tipologie di social (e gli strumenti di messaggistica) più utilizzate, si conferma il progressivo calo di Facebook e l’incremento di Instagram. Parabola discendente per Ask Fm, mentre è in crescita Snap Chat. Diventa consistente l’utilizzo di Telegram e This Crush (quasi inesistenti nel 2016), mentre non abbiamo rilevato il dato su TikTok, esploso recentissimamente. WhatsApp è praticamente “incorporato” in tutti gli adolescenti.
“Un pericoloso esordio in età pressoché infantile – afferma Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – quando non si ha assolutamente la necessaria maturità psicologica per poter utilizzare strumenti di comunicazione così potenti e insidiosi anche ad età ben più mature. Ma al di là dei pericoli più visibili – la deriva del cyberbullismo è il più evidente – la permanenza H24 nell’agone della piazza virtuale contribuisce ad aumentare la fragilità di una generazione di adolescenti costantemente in ansia da prestazione. Come se non bastasse sentirsi in competizione in ogni contesto in cui agiscono (dalla scuola, allo sport, a qualunque altra attività svolgano), l’essere costantemente “in vetrina” e psicologicamente dipendenti dal giudizio degli altri manifestato attraverso like e follower li rende insicuri al punto di modificare, probabilmente anche inconsapevolmente, il modo di comunicare tra di loro. Un esempio di questo – prosegue Maurizio Tucci – ci è dato anche dall’uso apparentemente bizzarro della comunicazione orale attraverso lo smarthphone. Tra di loro mai una telefonata vera, ma solo successioni lunghissime di messaggi vocali (a volte anche di contenuto drammatico) che evidentemente li tranquillizzano, perché non costringono a far fronte ad un contraddittorio in tempo reale”.