In cinque mesi oltre 300 persone hanno perso la casa e altre 600 non riescono più a pagare l’affitto e le utenze a causa del Covid. È quanto emerge da un’indagine condotta tra gli operatori della Caritas Ambrosiana impegnati nella gestione del servizio Sai (Servizio di assistenza immigrati), Siloe (Servizio di orientamento lavorativo) e Fondo Diocesano di Assistenza.
Da aprile ad agosto 2020, tra la fasa uno e la fase due dell’emergenza sanitaria, sono state 314 le domande di alloggio giunte ai servizi della Caritas Ambrosiana da parte di persone finite in strada. Di queste richieste il 60% è stato espresso da immigrati che non hanno più potuto pagare il posto letto negli appartamenti che condividevano con i propri connazionali o che sono fuoriusciti dal sistema di accoglienza. La restante parte, il 40%, da stranieri ben integrati, comprese anche famiglie arrivate anni fa nella nostra città per ricongiungersi al marito o alla moglie che avevano fatto da apripista.
A costoro si aggiungono altre 611 domande di aiuti per il pagamento dell’affitto, delle utenze domestiche e delle spese condominiali, un numero quattro volte superiore a quello registrato nello stesso periodo nell’anno precedente. Tra costoro anche molti italiani, in genere giovani coppie in condizioni economiche molto precarie, che non hanno retto al contraccolpo dell’improvvisto arresto economico.
“Sempre più inesorabilmente la pandemia ci sta costringendo a vedere quei nodi della nostra vita sociale che abbiamo per troppi anni ignorato. Nei primi mesi della crisi sanitaria, durante il lockdown e la parziale riapertura della fase due, è emerso con prepotenza il tema del lavoro, precario e sottopagato. Ora sta venendo alla luce una vecchia questione: la casa – commenta Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana. Mesi senza reddito o con redditi già scarsi falcidiati dalla cassa integrazione (per i fortunati che l’hanno ricevuta in tempi ragionevoli) hanno reso incapaci le famiglie di affrontare la principale voce di costo che specie a Milano è rappresentata dalla casa. Per il primo periodo hanno retto risparmiando sulla spesa alimentare, anche grazie agli aiuti che sono stati distribuiti. Ma ora non ce la fanno più”.
Gli “sfrattati dal Covid” si aggiungono a coloro che una casa non ce l’hanno mai avuta. Secondo l’ultimo censimento, realizzato nel 2018 dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti, con la consulenza del servizio grave emarginazione di Caritas Ambrosiana, i senza tetto a Milano erano 2.608, dei quali 2.021 ospiti in strutture di accoglienza notturna, 587 individuati in strada.
Proprio quest’ultima quota presumibilmente continuerà ad aumentare, non da ultimo anche a causa della minore recettività che i dormitori potranno offrire a causa delle limitazioni imposte dalle misure sanitarie per contenere la pandemia. La situazione potrebbe diventare molto difficile nei prossimi mesi con l’arrivo del freddo.
“Occorrerà fantasia, coraggio e senso di responsabilità in vista già dei prossimi mesi quando con l’inverno la temperatura scenderà. Quest’anno la cosiddetta “emergenza freddo” non potrà essere affrontata aggiungendo posti in più nelle solite strutture. Bisognerà che Milano, che si è fatta sino ad ora carico della parte maggiore dell’accoglienza, non sia lasciata sola dagli altri comuni, in primo luogo quelli più vicini. Serve almeno un piano metropolitano”, sottolinea Gualzetti.
In questa ottica Caritas Ambrosiana continuerà ad offrire ospitalità al Rifugio sotto la Stazione Centrale, ma nel frattempo sta potenziando l’accoglienza fuori città, puntando su strutture di piccole dimensioni dotate, dove possibile, di spazi individuali. A Gallarate è in corso di progettazione un nuovo centro di accoglienza che affiancherà Casa di Francesco (24 posti letto). Il nuovo centro, voluto come voto dalle 10 parrocchie cittadine e finanziato dai fedeli, sarà dotato di mensa, spazio diurno, 3 camere singole e una collettiva per un totale di 10 posti. A Garbagnate Milanese si sta valutando anche l’ipotesi di una micro-struttura. A Lecco nel rione di Maggianico, proprio nel corso dell’emergenza sanitaria, è stato aperto un ostello diurno e notturno con 24 posti, nell’ex convento delle Suore di Maria Bambina.