#Milanofabene: azioni, notizie solidali e iniziative in città dal mondo del Terzo Settore

Su Mianews, uno speciale settimanale dedicato alla comunicazione e all’informazione sul terzo settore a Milano e Lombardia, realizzato in collaborazione con l’agenzia ‘Le Acrobate – Idee parole comunicazione’. Tra gli argomenti, le campagne, gli incontri, i progetti e gli appuntamenti di grandi e piccole associazioni, fondazioni, gruppi organizzati al servizio della promozione sociale e della solidarietà per raccontare un settore tra i più importanti e dinamici del territorio.

Donne e islam: tra San Siro e Baggio la web serie contro i pregiudizi

“Let’s meet in Milan”: è questo il titolo degli episodi italiani della web serie europea promossa dalla Fondazione L’Albero della Vita all’interno del progetto contro l’islamofobia “MEET – More Equal Europe Together. Preventing Islamophobia against women & girls” di cui è coordinatrice – e che coinvolge 5 paesi oltre l’Italia: Francia, Belgio, Polonia, Ungheria e Bulgaria.
Girati nei quartieri di Baggio e San Siro, i primi due video raccontano la quotidianità di Soumya, Fatima, Chiara Amina e Aida: quattro donne con esperienze molto diverse ma accomunate dalla scelta di indossare il velo, che ogni giorno affrontano gli sguardi di disapprovazione ma anche di paura alla fermata dell’autobus o a scuola, e hanno anche vissuto la discriminazione nel trovare un lavoro. I video sono però anche un modo per raccontare alle donne musulmane che è possibile trovare la forza per reagire: Soumya è impegnata attivamente nel volontariato nel suo quartiere, San Siro, e aiuta ogni giorno le donne musulmane a integrarsi; Fatima si è appena diplomata e sogna di diventare infermiera e, nel frattempo, fa volontariato in un centro per anziani; Chiara Amina fa l’insegnante e racconta ai ragazzi la sua scelta perché imparino a conoscere e accogliere tutte le culture; Aida è la prima Tiktoker italiana con il velo e ogni giorno condivide con le sue migliaia di follower video per far riflettere su pregiudizi e stereotipi con un linguaggio giovane e ironico. Gli episodi sono disponibili sul canale YouTube “Meet Project” (https://www.youtube.com/channel/UCoI97hXzXksujFCy5LXbnKA).
È in lavorazione il terzo episodio, sempre girato a Milano nella zona intorno a via Padova e con protagoniste altre due ragazze musulmane, Mariam e Zeineb.
I tre video compongono la web serie che vede coinvolti tutti e 6 i paesi del progetto con lo scopo di raccontare la vita e le scelte delle donne musulmane decostruendo gli stereotipi e i pregiudizi: in tutti gli Stati si stanno realizzando laboratori di videomaking e incontri di educazione al dibattito rivolti a giovani tra 12 e 18 anni con background diversi, musulmani e non. Gli episodi italiani sono stati realizzati grazie alla collaborazione degli esperti di tecniche di narrazione cinematografica di Lab 80 film, società cooperativa con sede a Bergamo. I laboratori hanno avuto il duplice obiettivo di fornire ai ragazzi alcuni strumenti tecnici di riprese video e anche contenuti educativi per poter realizzare episodi di contro-narrazione sui temi legati a islamofobia, discriminazione e stereotipi. “L’Albero della Vita lavora affinché nessuna bambina e nessuna ragazza conosca sulla sua pelle la vergognosa esperienza della discriminazione – sottolinea Antonio Bancora, responsabile dei progetti internazionali della Fondazione L’Albero della Vita. La società pacifica e tollerante è l’unica che può generare opportunità per i nostri bambini e giovani. Un luogo in cui condividere la bellezza di essere diversi, in una società europea che tutela i diritti inalienabili, dove ognuno possa sentirsi davvero a casa. All’interno del progetto MEET, L’Albero della Vita chiama e supporta i giovani a diventare protagonisti del cambiamento e prevenire l’islamofobia verso le donne e le ragazze”.

Parkinson al tempo del Covid: ricerca dell’Università Cattolica

L’Università Cattolica di Milano, in partnership con Confederazione Parkinson Italia e Fresco Parkinson Institute, ha realizzato uno studio per analizzare l’impatto della pandemia da Covid-19 sul percorso assistenziale e sulle condizioni psico-sociali delle persone con Parkinson in Italia. La ricerca è stata condotta attraverso l’invio di un questionario online a cui hanno risposto 420 persone con Parkinson.
I risultati evidenziano che un’elevata percentuale di malati ha incontrato difficoltà di accesso alle cure sanitarie a causa della pandemia: il 66% ha dichiarato di avere interrotto la riabilitazione per lunghi periodi, il 55% ha ricevuto disdette da parte delle strutture sanitarie o dei medici per visite mediche programmate, mentre il 29% ha cancellato personalmente le prenotazioni per paura di contrarre il virus. Il 26% ha avuto problemi nel contattare il proprio medico di famiglia e il 23% ha registrato analoghe difficoltà a mettersi in contatto con il proprio neurologo. Sul piano psico-sociale, una persona con Parkinson su due si è sentita più sola e ritiene che la qualità della sua vita sia peggiorata ma, in parallelo, alcune hanno dichiarato che la pandemia è stata un’occasione per migliorare le relazioni con i proprio cari (49%) e capire cose importanti sul senso della vita e della malattia (53%). Dallo studio emerge infine la necessità di potenziare il ruolo delle associazioni che si occupano di Parkinson: solo l’8% degli intervistati ha infatti dichiarato di aver ricevuto supporto dal mondo delle associazioni, mentre la maggior parte si è affidato all’aiuto di familiari o facendo ricorso alla tecnologia.
“La ricerca evidenzia come il ricorso alle tecnologie digitali sia stato molto frequente tra gli intervistati, anche tra i più anziani” afferma Linda Lombi, responsabile scientifica dello studio. “Molte persone over 75 hanno dichiarato di aver cercato online gruppi di sostegno sul Parkinson o piattaforme per la riabilitazione, e molti lo hanno fatto per la prima volta nel periodo del Covid-19: questi dati ci dicono che le tecnologie digitali vanno incluse tra gli strumenti utili per migliorare la qualità di vita di malati e caregiver”. Per approfondimenti: www.parkinson-italia.it.

Ariel: arte all’asta a sostegno dei bambini disabili

Trentuno opere d’arte battute all’asta nel giro di un’ora dal direttore di Christies’s Italia, Cristiano De Lorenzo, per un totale di 27mila euro raccolti e interamente devoluti a Fondazione Ariel per i progetti dedicati ai bambini con disabilità neuromotorie. Questi i numeri della prima edizione della mostra e asta benefica “AAA Arte Amica di Ariel” dello scorso 3 giugno, quando artisti, galleristi e collezionisti da tutta Italia hanno donato le loro opere, tutti pezzi unici e di pregio, a Fondazione Ariel, che da 18 anni è a fianco delle famiglie con bambini colpiti da Paralisi Cerebrale Infantile e altre malattie neuromotorie. Nel concreto, Ariel fornisce supporto psicologico e sociale, formazione medica e psicopedagogica, orientamento ai servizi; inoltre promuove la ricerca scientifica e propone attività di condivisione e animazione per uscire dall’isolamento. Vincente è stata la scelta di organizzare l’asta in modalità mista, sia in presenza sia online, così in molti hanno potuto partecipare inviando prima le loro preferenze e collegandosi poi per aggiudicarsi l’opera ambita.
Sul sito astasolidaleariel.org è possibile ammirare le 17 opere ancora disponibili (presentate con immagini, descrizione, valore, profilo dell’autore e del donatore) per chi volesse fare un’offerta e sostenere i progetti della Fondazione che proseguiranno dopo l’estate con incontri e iniziative ideate e realizzate per le famiglie di bambini con disabilità. Sono opere di arte contemporanea, come l’olio su tela “Quando vedere oltre di te” del ben quotato Marco Nereo Rotelli; la serigrafia, appartenente a un’edizione esaurita, “Money Rain” di Gomor; il collage su tela “Lacets d’Amour” della pittrice Antonella Cappuccio Muccino (madre del regista); l’acrilico su cartoncino “Donne in divenire” di Assunta Mollo, artista che combatte il Parkinson con la forza della pittura. Da evidenziare anche, tra i preziosi d’epoca, la tavola fiamminga del 1600/1700 “Soldati al posto di guardia” e, tra le fotografie, “Naked plants in Venice” del poliedrico Gianluca Balocco.
Per proporre un’offerta per una o più opere ancora disponibili, telefonare al numero 02.82242320.

Nasce Ceom: centro per uomini a difesa delle donne

Criminologi, psicoterapeuti ed educatori: è formato da questi esperti il pool del nuovo Centro Orientamento e Monitoraggio (CeOM) in via Correggio 1 a Milano, dedicato al trattamento degli uomini violenti o a rischio di commettere atti violenti nell’ambito delle relazioni intime, alla definizione del percorso di riabilitazione più idoneo e al monitoraggio periodico dell’andamento di ogni singolo caso.
Realizzato in sinergia con ATS Città Metropolitana di Milano, il CeOM è il primo tassello del più ampio progetto sperimentale U.O.MO. (Uomini, Orientamento e Monitoraggio), che a Milano e hinterland per i prossimi due anni metterà a sistema le competenze di enti specializzati e istituzioni che si occupano sia di tutela e supporto delle donne vittime di violenza sia del trattamento degli autori. Sono: CIPM – Centro Italiano per la mediazione penale (capofila del progetto), Fondazione Somaschi Onlus, Associazione Culturale Forum Lou Salomè, Cooperativa Sociale Onlus Dorian Gray, Progetto SAVID – Università degli Studi Statale di Milano e Centro Ricerca ADV Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Il progetto U.O.MO. prevede percorsi di formazione specifica per gli operatori delle reti antiviolenza sul trattamento degli uomini e sulle diverse realtà che operano in quest’ambito nel territorio. L’azione coinvolgerà pronto soccorso, consultori, medici di medicina generale e pediatri di famiglia, oltre a luoghi strategici e di aggregazione come società sportive, studi legali e parrocchie per intercettare precocemente potenziali autori di violenza che decidano spontaneamente di farsi aiutare. Ogni programma di rehab (riabilitazione) è specializzato nel trattamento di uomini provenienti dal circuito penale o su invio di servizi territoriali o per accesso spontaneo, e utilizza metodologie differenti (approccio criminologico, psicoeducativo e psicoterapeutico, percorsi individuali e di gruppo).
“Puntiamo a creare sul territorio una cultura e nuove prassi, per prevenire la violenza e per identificare le situazioni a rischio più elevato, offrendo agli autori percorsi trattamentali specifici”, osserva la criminologa Francesca Garbarino del CIPM, coordinatrice del Progetto U.O.MO.
In Lombardia nel 2020 le donne vittime di violenza prese in carico sono state 6.527, di cui 1.913 hanno avviato un percorso di aiuto presso i 50 Centri Anti Violenza esistenti. Sono per il 64,5% italiane; il 54,7% è sposata o convivente, il 53,1% ha figli minorenni; il 31,3% ha meno di 34 anni e il 39,9% oltre 45 anni. Nell’81,1% dei casi l’autore del maltrattamento è il partner, attuale o ex.
Il CeOM è aperto ogni lunedì (h.9-13), martedì (h.9.30-13.30 e 15-19), giovedì (h.9-13 e 14-18); si accede solo su appuntamento: 02-84104462; progettouomo21@gmail.com.